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Finanziaria 2006

Ultimo Aggiornamento: 19/01/2007 17:28
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Ecco gli altri aggiornamenti:

Alla fine uscirà la peggiore delle torchiature che fosse possibile immaginare: un aumento delle tasse (secondo il Governo) di circa 13 miliardi, che per qualche analista è già, nei fatti, intorno ai 18 miliardi e ora si appresta ad essere incrementato dall’assalto alla diligenza di sindacati, grand commis di Stato e altri gruppi influenti vicini a Prodi & soci.

Il senso della Finanzia è chiaro: si è incapaci di tagliare le spese e di resistere di fronte agli autentici “poteri forti” (da Epifani a Montezemolo), e per questo motivo si colpisce il solito ceto medio. Ovviamente, non lo si chiama così e anzi, seguendo Rifondazione comunista, si afferma di voler far “piangere i ricchi”.

Questo residuo di una lotta di classe davvero fuori tempo massimo farebbe sorridere se non servisse da copertura all’ennesima penalizzazione di chi produce, e a tutto vantaggio dei ceti parassitari. Aumentare al 43% l’aliquota marginale per chi ha un reddito lordo superiore ai 75 mila euro vuol dire colpire chi già ora, di fatto, dà un contributo importante a tenere in piedi la baracca. Senza contare che un reddito da 75 mila euro con cui – ad esempio – si deve pagare un mutuo e mantenere i figli non assicura un’esistenza da pascià.

Anche perché all’Irpef si devono aggiungere gli oneri contributivi, l’Iva, l’Ici sulla casa in cui si vive, il bollo-auto, le varie addizionali, la tassa per il possesso del televisore e via dicendo. Con il risultato che quanti versano allo Stato ciò che serve a pagare i dipendenti pubblici sono ora fortemente incentivati a tirare i remi in barca. Perché con una tassazione che supera il 50% è da fessi o disperati continuare a lavorare e produrre.

Esemplare, al riguardo, la scelta di Visco di colpire la rendita finanziaria. A Lugano si fregano le mani, d’accordo, ma a parte che ad incentivare un fuga dei capitali, dove vuole portare una scelta di questo tipo? Capisco che la sinistra radicale esibirà questo risultato come una propria medaglia, solleticando il risentimento di una parte rilevante dei propri elettori, ma qualcuno crede davvero che l’economia ne trarrà vantaggio?

La borsa più insignificante dell’intero Occidente continuerà a restare tale e il capitalismo nostrano (gestito da poche famiglie) seguiterà a rifiutare l’idea secondo cui il risparmio dovrebbe affluire dove vi sono idee e abilità gestionali.

Nel suo insieme, la Finanziaria è un autentico disastro in quasi ogni suo dettaglio: la sottrazione del Trf (gettato nel buco nero dell’Inps), la tassa sui Suv, l’attribuzione ai Comuni della gestione dei catasti (quanto crescerà l’Ici?), i nuovi studi di settore per tosare meglio gli autonomi, i nuovi “investimenti” per la retorica ambientale.

Si poteva fare diversamente? Certo. Si doveva però fare una scelta di campo e comprendere che il Paese sta in piedi non già perché c’è gente che riceve le tasse altrui (i lavoratori del pubblico), ma perché c’è gente che produce e paga tasse (i lavoratori del privato). Si sarebbe dovuto, ad esempio, avviare un programma di riduzione del numero dei funzionari di Stato. Se a Milano vi è un’azienda del recapito postale che, strozzata dal monopolio pubblico, lascia a casa 800 dipendenti, perché non fa lo stesso il Ministero degli Interni o quello della Pubblica Istruzione?

Dopo questa Finanziaria, l’Italia appare un Paese sempre più in declino: dove vi sono poche ragioni di investire e da cui i cervelli migliori sono destinati a scappare. È anche significativo che l’ipotesi di un “Bersani 2” e di nuove liberalizzazioni sia avvolta nella nebbia, mentre di privatizzare i vecchi baracconi pubblici inefficienti (dalle ferrovie alle poste, dall’energia elettrica all’Alitalia) non parla proprio più nessuno.

Notizia tratta Libero - Affari italiani- ore 11.29 del 30/09/2006

[Modificato da -Prof- 30/09/2006 14.32]

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